Volevo iniziare le pubblicazioni di questo blog partendo da un posto a me caro e familiare. Non sono tendenzialmente provinciale, ma credo che se una persona conosce bene i luoghi dove è cresciuto e ha vissuto per anni, sicuramente sa fornire una serie di consigli che difficilmente si possono trovare altrove. Ecco perché, nel corso dei mesi, ogni tanto sentirete parlare di Capraia e Limite, il mio comune di origine, non perché sia la meta turistica di punta della Toscana, ma per una questione di soddisfazione e, se vogliamo, di orgoglio.
Chiusa questa premessa (giuro, in futuro eviterò di essere prolisso), vado a presentarvi la Villa di Bibbiani di Limite sull’Arno. Un luogo che richiama a grandi cognomi del passato come i Frescobaldi e i Ridolfi, che ne furono possessori, con una storia che parte da lontano. La zona infatti è densa di importanti aree di interesse archeologico. In pochi chilometri quadrati è possibile trovare tracce che risalgono a epoche pre etrusche, etrusche e romane, con una serie di tesori che andremo a scoprire nel tempo. Oggi ci concentriamo invece su quella villa di epoca Rinascimentale e che nel Settecento passò a Cosimo Ridolfi il quale, con gran gusto aggiungerei, fece realizzare il giardino monumentale, metà all’inglese e metà all’italiana (a me ricorda quello di ‘Alice in Wonderland’ di Lewis Carroll), che tuttora è ‘visibile’. Già, le virgolette: la Villa è privata e sono rare le occasioni in cui avvengono le aperture al pubblico, come le giornate del Fondo Ambiente Italiano. Tenere sotto occhio il calendario, da questo punto di vista, male non fa. Non demoralizzatevi: un giro nei dintorni vale comunque la pena di farlo, ne resterete sicuramente affascinati.
Vi fornisco alcune indicazioni per una visita come si deve. Prendete come riferimento via dell’Esagono da dove potrete incamminarvi nella strada bianca, lasciando lentamente la strada provinciale tra i paesi di Capraia e Limite. A quel punto passeranno pochi minuti quando vi accorgerete, sulla sinistra, di un curioso arco in pietra denominato “Dell’Uomo” o “Dell’Omaccio”, a seconda delle versioni, che domina un grande giardino. Non ci si può accedere, ma può essere comunque ammirato dall’esterno. In passato c’è chi riferisce fosse stato luogo di eventi demoniaci, di apparizioni di una grande ombra (ecco dunque l’Omaccio), di un viandante che sarebbe dimorato lì, ma anche di un luogo di feste della famiglia Franchetti, che prima dei Del Gratta ha avuto la proprietà di questi venti ettari di terreno. A fine 2017 poi la proprietà è di nuovo passata di mano a un magnete texano, per un investimento da 20 milioni di euro. Per i curiosi di leggende vi rimando a questo link dove troverete sicuramente pane per i vostri denti.
Insomma, un arco finto storico dove, nei secoli scorsi, le leggende si sono accavallate. Mi piace ricordare il progetto di un caro amico, di cui non cito il nome ma solo l’intenzione, che bene avrebbe visto la realizzazione di uno spettacolo teatrale ai piedi dell’arco. Troppi inghippi, primo su tutti il fatto che non sia aperto al pubblico. Spero che un giorno il sogno esca dal cassetto.
Proseguite a questo punto sulla sinistra salendo la collina: circonderete il bosco di Bibbiani fino alla strada asfaltata: scendendo a sinistra, sarete di nuovo a valle.
Il bosco di Bibbiani offre una serie di tesori nascosti. Uno di questi è un’antica fornace romana nascosta nel verde, anche questa purtroppo visibile nelle rare occasioni di apertura al pubblico. E poi ancora cippi in memoria dei nobili che hanno vissuto nella villa, affreschi e una ghiacciaia medievale. Per avvicinarvi alla villa, prendete il viale alberato che parte dalla strada provinciale e sale sulla collina. È una strada privata, ma se l’intento è andare in cantina in cerca di un ottimo Chianti della Fattoria di Bibbiani, magari ci scappa anche l’occasione di sbirciare tra le bellezze della villa.
Vorrei parlarvi anche del porto fluviale del Rinascimento che si trova a poca distanza da lì: vi dispiace se ci torniamo prossimamente?
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