Sempre caro mi fu quest’ermo colle, e questa siepe, che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude. Forse l’avremo imparata tutti a memoria a scuola, in pochi ce la ricordiamo tutta, al massimo quell’ermo colle ci è rimasto nella testa. L’Infinito di Giacomo Leopardi nasce da qui, a Recanati, un balcone sul Mare Adriatico situato nelle Marche, in provincia di Macerata, la città del poeta tra i padri della letteratura italiana. In particolare, la storia ci dice che Leopardi si riferisse alla vetta del Monte Tabor, un punto panoramico di estremo pregio da dove, guardando verso Sud, si può essere fortunati e ammirare, senza foschia, le frastagliate alture della Dalmazia. Il punto dove è attribuita la presenza dello scrittore nel momento in cui mise insieme questi versi è contraddistinto da una targa recante la prima strofa de L’Infinito, ben riconoscibile sul contorno di mattone rosso. L’iniziativa avvenne al centesimo anniversario della morte, come recita un’altra targa più piccola, poco sotto: “simbolico compimento del desiderio ardente di lui di riposare per sempre in questo suolo diletto”, visto che le spoglie si trovano a Napoli, dove morì nel 1837 a quasi 39 anni.
Il parco è un buon punto di inizio della visita di Recanati, dato che nell’immediata vicinanza ci si imbatte nella piazzetta del Sabato del Villaggio. E qui tornano in mente altri versi: Silvia, rimembri ancora/ Quel tempo della tua vita mortale, / Quando beltà splendea/ Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi, / E tu, lieta e pensosa, il limitare/ Di gioventù salivi? È impossibile non venire qua e sentirsi riecheggiare nelle orecchie la lezione di italiano del liceo. Quando ti vedi di fronte la casa natale di Leopardi (un palazzo signorile dove ancora, in parte vivono dei discendenti) e di fronte quella di Silvia, al secolo Teresa Fattorini, non puoi fare altrimenti. La sua vita, del resto era qui, come anche la chiesa di Santa Maria in Montemorello, dove il poeta ricevette il battesimo. Sebbene A Silvia fu composta a Pisa e Leopardi avesse passato la seconda parte della sua vita lontano da qui, non poteva restarne lontano, almeno con il ricordo.
Camminare tra queste strade è uno scorrere continuo di versi. Sulla casa di Teresa appare Io gli studi leggiadri/ Talor lasciando e le sudate carte, /Ove il tempo mio primo/ E di me si spendea la miglior parte, / D’in su i veroni del paterno ostello/ Porgea gli orecchi al suon della tua voce, / Ed alla man veloce/ Che percorrea la faticosa tela. E ancora la targa con L’Infinito, oppure Il Passero Solitario: Io solitario in questa/ Rimota parte alla campagna uscendo, / Ogni diletto e gioco/ Indugio in altro tempo: e intanto il guardo/ Steso nell’aria aprica/ Mi fere il Sol che tra lontani monti, / Dopo il giorno sereno, / Cadendo si dilegua, e par che dica/Che la beata gioventù vien meno.
Fermiamoci con le citazioni e proseguiamo. Andiamo nella grande piazza principale di Recanati, intitolata guarda caso a Giacomo Leopardi, dove colpiscono la magnificenza del palazzo comunale di fine Ottocento, in pieno stile neoclassico, che fa da cornice alla statua dedicata al poeta. Di fianco, in un luogo vivo e con una serie di locali niente male per fermarsi un po’, la grande Torre ghibellina del Borgo. Tra Casa Leopardi e la piazza centrale c’è una camminata di poco meno di un chilometro, dove si attraversano altri luoghi simbolo della città come Palazzo Venieri, le chiese di San Vito e di Sant’Agostino.
Il giro è breve e il tempo è tiranno. Ma prima di ripartire da Recanati ci affacciamo di nuovo dall’ermo colle guardando il panorama verso i Monti Sibillini. Sì, quando non c’era Facebook o la rete, questo era veramente l’infinito…
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