Se una persona guardasse la mappa di Google della Moldova cercando Bender, o Tighina, senza conoscere il contesto, mai penserebbe che questa è una città di frontiera. E invece lo è a causa della questione politica della Transnistria, regione autoproclamatasi indipendente nel 1990 e tuttora, de facto, uno stato a sé. Sebbene Transnistria significhi ‘al di là del fiume Nistro‘, Bender fa eccezione essendo l’unica città della sponda ovest a far parte dell’ultima, così almeno pare, repubblica socialista sovietica tuttora esistente. Quindi, ricapitolando: non è sul confine ucraino, non è oltre il Nistro, ma è una città di frontiera ed è la prima che si incontra venendo da Chișinău in direzione di Tiraspol.
Appurato che entrati in territorio sotto controllo transnistriano sembra realmente di essere all’estero rispetto alla Moldova (cartelli stradali in cirillico, bandiere transnistriane, monete diverse, eccetera) Bender merita una visita soprattutto per la sua fortezza, parzialmente ristrutturata e recuperata ad antico fascino. Quindi, fatta la dovuta sosta per cambiare i soldi e prendere i rubli transnistriani (non viene accettata nessuna altra moneta e nemmeno le carte elettroniche) ci si può dirigere al castello che, guarda caso, si affaccia proprio sul fiume Nistro.
La Fortezza nelle fattezze che vediamo oggi è opera degli ottomani, che arrivarono in queste terre e le fecero proprie nel 1538. Il giro inizia da una palla di cannone con le briglie che troviamo all’esterno delle mura della fortezza, simbolo della menzione della fortezza di Bender nei racconti di Munchausen. Leggenda vuole infatti che lui sarebbe volato su una palla di cannone sopra il baluardo ottomano, in modo da tornare dai russi, con i quali combatteva, e raccontare loro la situazione all’interno, in particolar modo il numero di uomini presenti. Sulla palla di cannone ci si può montare per una foto di rito e sentirsi, per un attimo, come Munchausen.
Altro personaggio legato a questo luogo è il sovrano svedese Carlo XII. Il re, che nel 1709 perse la battaglia a Poltava contro i russi, non sarebbe voluto rientrare nel suo Paese perché avrebbe provato vergogna per la sconfitta. Decise così di rivolgersi al sultano ottomano Ahmed III per chiedere il suo aiuto per affrontare di nuovo i russi. Il sultano ottomano, invece, aveva appena firmato un trattato di pace con loro e quindi non avrebbe potuto aiutare Carlo XII il quale, a questo punto, chiese il permesso di essere accolto sotto le mura della fortezza di Bender.
All’inizio il sultano era d’accordo e lasciò gli scandinavi liberi di accamparsi, sconsigliando loro però di non fermarsi sulla riva del Nistro, visto il rischio straripamento. Consigli a cui Carlo XII non volle dar retta: la conseguenza fu che si spostò soltanto quando l’acqua gli arrivò alle ginocchia. Andò così nel villaggio vicino di Varnița dove restò per ben quattro anni, mantenuto dal sultano assieme a tutto il proprio esercito. Ahmed III tentò così di regalarli 12 cavalli di razza come messaggio per andarsene, e a seguire smise di fornire i viveri. Gli svedesi, a quel punto, iniziarono a uccidere i cavalli per mangiarli, mandando su tutte le furie il signore ottomano. Solo a quel punto l’ospite realizzò che forse era il caso di ripartire verso la Svezia e così fece, cavalcando l’ultimo cavallo rimasto in vita e con quattro giorni di viaggio.
Questa curiosa storia è raccontata dentro la fortezza dove esiste un piccolo museo con alcuni oggetti che sono stati donati dal governo svedese. Ci sono anche delle ricostruzioni che mostrano come poteva essere l’accampamento sul Nistro del re di Svezia.
Un altro angolo da vedere della fortezza è sicuramente la torre che ospita le ricostruzioni delle macchine da tortura, con una ghigliottina che invece si trova all’esterno, pronta per le vostre fotografie. Come anche i cannoni all’esterno e le varie ricostruzioni che, per un’oretta di visita, vi faranno sentire pronti a difendere il fortino dagli attacchi in arrivo dall’altra parte del fiume!
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