Modena si propone al mondo con un serie di pregi che la rendono unica: essere l’asse portante della Motor Valley italiana e per la sua cultura gastronomica. In questo contesto ci sono tante eccellenze ma un particolare ce n’è una meno conosciuta al grandissimo pubblico che del sistema ne costituisce un ‘chicchino’. Appena fuori la città che San Geminiano salvò dai barbari facendo calare sopra la nebbia, nelle vicinanze della frazione di Cognento, è possibile trovare una cosa unica nel suo genere: un museo di auto d’epoca all’interno di una fattoria la quale, a sua volta, è produttrice di parmigiano biologico. Praticamente, una festa.
Il nome della famiglia che ha creato tutto questo evoca a sua volta emozioni: e quella dei Panini. Sì, proprio quella delle figurine dei calciatori, e non solo, imprenditori che con la loro inventiva, adattata ai giorni nostri, portano ulteriormente lustro a questa città emiliana (non a caso all’interno del complesso della biblioteca Delfini esiste anche un museo dedicato alla storia delle figurine, andatelo a vedere).
Le due azioni non sono andate in parallelo. L’azienda agricola si chiama Hombre ed è stata fondata nel 1972: un nome dal sabor latino dovuto all’esperienza venezuelana del fondatore Umberto Panini, penultimo di otto fratelli, che per alcuni anni decise di andare in Sudamerica per crescere a livello umano e professionale. La sua idea fu subito quella di creare un sistema sostenibile, in modo tale da avere una filiera tracciata e un prodotto biologico al 100%. Oggi una famiglia intera di casari segue in processo di trasformazione e la mungitura delle mucche, che si fa alle 4 del mattino e alle 16 di ogni giorno.
Ma torniamo alla questione iniziale: cosa ci azzeccano le auto d’epoca con il parmigiano? Apparentemente niente se non si conosce la base del vero spirito modenese. Sotto la Ghirlandina (il campanile del duomo, simbolo della città) ci sono vari dogmi intoccabili. Tra questi la passione per i motori. La Maserati, che pur nacque a Bologna, fu presto trasferita a Modena dai fratelli Orsi che la rilevarono. Soltanto che quando la Fiat rilevò la casa automobilistica (Sergio Marchionne, tra l’altro, tentò invano di portarla a Torino negli anni Duemiladieci) parte del patrimonio storico del tridente finì all’asta a Londra per mano dell’ingegnere De Tomaso. Fu lì che Umberto Panini e i suoi fratelli – era il 1996 – risposero all’appello dei modenesi di salvare quel patrimonio, acquistando la collezione di 19 automobili, da strada e da corsa, e trovandole posto nel museo in mezzo alla fazenda, creando un unicum a livello italiano e forse mondiale.
Alle Maserati storiche è stata unica una collezione di altre auto già in possesso della famiglia Panini oltre che di moto, biciclette d’epoca e, all’esterno, di macchine agricole.
Tra queste vetture impossibile non citare la Maserati “Eldorado” del 1958, praticamente la prima auto da corsa sponsorizzata da un’azienda che nulla aveva a che fare con le corse di auto. Un precursore di quello che sarebbe stato il futuro di questo e di altri sport. A portarla in pista fu un grande campione britannico, Stirling Moss.
Una visita guidata saprà essere di aiuto nel destreggiarsi tra parmigiano e motori. Il tempo passerà in fretta e saranno accontentati tutti, dagli amanti del gourmet a quelli dei pistoni.
Leave a Reply